giovedì 17 maggio 2018

Quanto incide il rapporto madre-figlio sull'autostima?


"...Mi sento inadeguato, mi sento a disagio, vorrei fare tante cose ma ho paura di farle, chissà cosa pensano gli altri di me, mi sento un fallito, non mi piaccio per niente, non valgo a nulla, non sono proprio capace..."
Questi sono solo alcuni esempi di pensieri autocritici di chi ha una bassa autostima.

Ma che cos'è l'autostima?
L'autostima è la stima che si ha di sè, l'amore per se stessi. 
E' il valore che diamo a noi stessi e alle nostre capacità. 
La parola autostima deriva appunto dal termine "stima", ossia la valutazione e l'apprezzamento di sé stessi e degli altri.
E' un processo di autovalutazione che si forma e si struttura durante tutto l'arco di vita.

Un legame profondo e amorevole durante la prima infanzia è la base fondamentale per la formazione dell' autostima.

Un legame profondo e amorevole è una relazione in cui il bambino:
- può soddisfare i suoi bisogni primari ed emotivi
- si sente ascoltato
- si sente apprezzato, incoraggiato
- si sente accettato per quello che è, non giudicato
- può esprimere liberamente le sue emozioni
- si sente sicuro e accolto


Molto spesso una bassa autostima può dipendere da una legame genitore-bambino inadeguato, in particolare ad incidere maggiormente è la relazione materna. 
Un legame madre-bambino dovrebbe instaurarsi dai primi mesi di vita, il cosiddetto periodo del "mondo-viso" che dura da due a sei mesi. Come afferma Stern, è un meravoglioso tempo relazionale, un tempo che accade prima che lui sappia parlare, camminare, esplorare. E' quel momento in cui gli occhi e gli sguardi si incontrano. Se il bambino non attraversa questa fase, perde qualcosa di fondamentale e prezioso. Il bambino si sente osservato, accolto, amato.
I mattoni fondanti dell'autostima si trovano nell'esperienza del neonato, prima ancora che diventi bambino. Ma che tipo di madre può incidere negativamente sull'autostima?


  • Una madre anaffettiva. La maggior parte delle madri si legano naturalmente al proprio figlio attraverso il fenomeno che Winnicott chiama "preoccupazione materna primaria", ma non sempre succede questo. A volte capita che le mamme siano depresse, stanche, senza energie, prive di sostegno, ansiose e questo non porta ad esiti positivi. Quando accade questo capita che bisogni anche primari del figlio non vengono ascoltati, accolti e né tanto meno soddisfatti. Ciò causa malessere e disagio non solo fisico ma anche emotivo del bambino. Una madre che non sa entrare in contatto, in relazione con il proprio figlio determina una percezione fallimentare che il bambino ha di sè. (come se dicesse: "deve esserci qualcosa di sbagliato o inadeguato in me se il mondo rimane indifferente alle mie sollecitazioni"). La scarsa emotività della madre incide negativamente sulla relazione duale e questo può compromettere anche l'autostima del bambino.
  • Una madre idealizzatrice. Ci sono madri che adorano i propri figli solo quando mostrano lati positivi, quando si mostrano dolci, affettuosi, felici, ma li rifiutano quando provano rabbia, quando sono lamentosi, capricciosi. Queste madri sono in grado di amare solamente la parte idealizzata del figlio, non il figlio reale con i suoi bisogni, esigenze, emozioni. Questo tipo di relazione madre-figlio può portare il bambino  a sentirsi indesiderato, rifiutato, indesiderabile. Il bambino si sente amato solo se è buono. I bambini che hanno interiorizzato ciò arrivano a percepirsi senza valore.
  • Una madre depressa. Può capitare che la depressione del genitore spezzi il legame positivo madre-bambino. Un madre depressa è una madre emotivamente inaccessibile, ma è in grado di comprendere il dolore e il senso di colpa nel non riuscire ad accudire suo figlio come vorrebbe, a giocare con lui, a coccolarlo. Ovviamente il bambino non è in grado di comprendere la depressione della madre, perciò potrebbe iniziare a colpevolizzare se stesso per questa mancanza di legame. Questo tipo di relazione è molto frequente in quella che conosciamo la depressione post partum. 
  • Una madre giudicante. Generalmente sono madri ansiose e insicure che rincorrono la loro mania di perfezione in tutto, quindi anche nel rapporto educativo con il proprio figlio. Un atteggiamento di questo tipo rinforza l'atteggiamento giudicante che la mamma ha verso il figlio. Tutto quello che fa il bambino quindi è sottoposto a giudizio, soprattutto quello che di negativo fa. Tutto questo limita il bambino nella sua libertà di  esprimersi, di dire, fare, agire, pensare conducendolo ad inibire progressivamente le sue emozioni, le sue azioni e le sue reazioni poichè teme sempre il giudizio altrui. Il bambino quindi interiorizza anche lui questa mania di perfezione per la paura del giudizio.
  • Una madre emotivamente iperprotettiva.  E' una madre che ama il proprio figlio attraverso un amore patologico. E' una madre che forse ama involontariamente troppo o in modo distorto il proprio figlio, E' una madre emotivamente invadente che protegge eccessivamente il proprio figlio, preservandolo da delusioni, da situazioni difficili, da emozioni negative che inevitabilmente dovrà affrontare nella sua vita. Un atteggiamento di questo tipo non permette al proprio figlio di sperimentare autonomamente il proprio spazio, di gestire le proprie emozioni, di instaurare relazioni, di esplorare il mondo. A lungo andare questo atteggiamento iperprotettivo influenza l'emotività del bambino, compromettendo la sua autostima anche in età adulta.
L’iperprotezione è un modo dell’adulto (madre) di esorcizzare le proprie paure riversandole sull'altro (figlio). Il bambino diventa quindi un "contenitore", una proiezione di ciò che egli vive a livello emotivo. 
La mania di controllo della madre spesso deriva da insicurezze molto profonde.
In questo modo il genitore depriva il proprio figlio dell'autonomia e delle capacità decisionali rendendolo schiavo della propria esistenza. A lungo andare, le difficoltà che inevitabilmente incontrerà nel suo percorso di vita, quando ad esempio arriverà il momento di allontanarsi da casa, lo condurrà ad una tangibile sofferenza e disagio con manifestazioni di ansia e depressione. 
L’autoaffermazione in età adulta sarà quindi molto più difficile.
E tu che tipo di madre hai avuto? Che tipo di legame hai vissuto con lei?
In quale tipo di legame ti riconosci?
Pensi di aver costruito una buona base di autostima?
Raccontami..

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