lunedì 18 febbraio 2019

COME AFFRONTARE UN LUTTO O UNA PERDITA



Quando parlo di lutti e perdite non mi riferisco solamente alla morte fisica di una persona, ma anche ad un abbandono o ad una relazione amorosa terminata. Anche essere lasciati dal proprio partner può essere vissuto come un lutto, poiché questo evento viene vissuto come tale, si viene pervasi da emozioni e reazioni molto simili al lutto. Si sperimentano emozioni spiacevoli e la vita è sottoposta a profondi cambiamenti esistenziali, emotivi e psichici a causa della mancanza/scomparsa/abbandono/morte di quella determinata persona. Quindi questo articolo può essere utile per capire come elaborare qualsiasi tipo di perdita o lutto.

La perdita di una persona amata è un dolore immenso, indescrivibile, devastante, fonte di grande tormento e angoscia. Il dolore è inevitabile. A volte il dolore è talmente intenso che può far credere di essere impazziti. La sofferenza investe ogni cosa, poiché il dolore intacca la visione del mondo e soprattutto quella del Sé.

Durante un lutto o una perdita, il mondo interiore diventa arido, ostile, freddo e spesso questo induce a diverse reazioni:

Shok iniziale. Stordimento, confusione, perdita dell’appetito, pianti incontrollabili, incubi, tremori, disperazione, terribile senso di vuoto, paure, cambiamenti improvvisi di umore.

Isolamento. Ci si chiude in un mondo privato perché il mondo interiore è percepito vuoto e desolato e perciò si preferisce non condividere nulla con il mondo esterno. Questo accade soprattutto se non ci sono altre figure di attaccamento a cui rivolgersi spontaneamente per ricevere supporto e conforto.

Ansia e fobia. Quando si perde una persona amata si è terrorizzati dall’idea di perdere anche l’altro.

Rabbia, ostilità e aggressività. Ci sono studi che dimostrano un vero e proprio cambiamento cerebrale quando si affronta un lutto o una perdita. Il dolore e la sofferenza provocano una forte carenza di ossitocina e oppiacei. Queste sono sostanze chimiche rilasciate durante le interazioni tra persone che si amano profondamente. In seguito ad un lutto o una perdita queste sostanze diminuiscono drasticamente, causando un’acuta sofferenza psichica. Il calo di oppiacei scatena a sua volta il rilascio di sostanze di natura opposta: l’acelticolina che sollecita uno stato di rabbia e ostilità.

Negazione del dolore. La sofferenza è intollerabile perciò si cerca inconsciamente di difendersi dal dolore, negandolo. Ma questo atteggiamento di negazione può portare man mano ad un distacco dalla realtà. Privandosi di alcune emozioni, si rischia di rinunciare all’essenziale contatto con se stessi. E’ importante e fondamentale vivere tutte le emozioni, anche quelle più brutte e spiacevoli. La negazione a lungo andare può provocare altre conseguenze quali: depressione, ansia, fobia sociale, isolamento, disturbi di alimentazione, disturbi del sonno.

Comportamenti regressivi nei bambini. E’ molto frequente che compaiano nei bambini disturbi dell’apprendimento, enuresi notturna, difficoltà nel linguaggio, attaccamenti morbosi. E’ importante che in questi casi il bambino non venga assolutamente punito. Bisogna sapere che lo stadio evolutivo in cui si trovava (dalla dipendenza all’indipendenza) possa subire un’inversione, una regressione a causa del lutto. Il bambino torna a regredire in uno stato di dipendenza e questo comportamento è un modo per ricostruire la fiducia nelle relazioni umane per sentirsi poi libero di tornare alla sua indipendenza.

Ma perché si prova così tanto dolore dopo un lutto o una perdita?
Una prima spiegazione è data da un fattore fisiologico e cerebrale come prima descritto, ovvero dal cambiamento degli ormoni e delle sostanze chimiche all’interno del cervello.
Una seconda spiegazione è data dalla teoria psicologica dell’attaccamento.
L’attaccamento è la tendenza umana di avvicinarsi agli altri esseri umani per creare legami emotivi e significativi. Siamo geneticamente programmati in modo da aver bisogno di attaccamenti primari che danno un senso alla nostra vita, alla nostra esistenza. Ecco perché la nostra primaria reazione di fronte alla morte o all’abbandono della nostra persona amata è un dolore atroce, intenso, insopportabile.

Come elaborare il lutto o la perdita?

-      Prima di tutto è necessario vivere tutte le emozioni del momento, nonostante siano brutte, dolorose e spiacevoli. Bisogna viverle tutte, accoglierle, accettarle.
Non negare il dolore. Il dolore va vissuto pienamente. Il mancato sfogo di tutte le emozioni e sensazioni può causare ulteriori problemi psicofisici ed emotivi.
L’unico modo per smettere di soffrire è proprio quello di riuscire a soffrire.
Pe facilitare questo processo è molto utile ed efficace PARLARE. Se risulta difficile tirare fuori la parola, è efficace utilizzare altri strumenti alternativi che aiutino ad esprimere e comunicare le proprie emozioni come ad esempio il disegno, la scrittura, attività artistiche e creative.

Non è assolutamente utile rispondere alla persona che sta vivendo un lutto con luoghi comuni o consigli banali come ad esempio “Dai, passerà!”. Questa è solo un’illusione e non lo aiuta a prendere contatto con se stesso e la realtà.

-       E’ importante assistere al funerale, poiché è un processo fondamentale da vivere, sia per gli adulti ma anche per i bambini. Non è necessario e utile “proteggere” i bambini dal dolore. Il funerale costituisce un processo di chiusura fondamentale che può dare anche sollievo. Pensiamo che il funerale potrebbe turbare il bambino. E invece no. Attraverso il funerale l’adulto o il bambino può trovare un modello per elaborare il  lutto. Inoltre vedere il comportamento di chi è presente al funerale può aiutarlo a normalizzare il suo dolore, il suo immenso desiderio di piangere. Può aiutarlo a condividere le sue emozioni, a renderlo più consapevole di cosa sia realmente la morte e quindi più in grado di elaborare il suo dolore.

-       Per affrontare ed elaborare il dolore abbiamo bisogno dell’altro. Il lutto è un momento troppo difficile per poterlo vivere da soli. “Non è possibile elaborare completamente un lutto senza la presenza di un’altra persona” (Bowlby, 1973). Quindi anche se abbiamo perso una persona amata bisogna cercare un’altra persona che possa rappresentare per noi una nuova figura di riferimento, una nuova figura di attaccamento.

Quando cercare l’aiuto professionale e un supporto psicologico?

  • Quando si è completamente da soli ad affrontare il lutto e il dolore. Come appena descritto, per superare un dolore così grande e intenso abbiamo bisogno di condividerlo con gli altri.
  • Quando la negazione delle emozioni blocca e non permette di proseguire normalmente la propria vita, compromettendo la quotidianità, il lavoro/scuola, le relazioni sociali, la salute psico-fisica. Spesso la negazione, il non accettare e il non vivere le proprie emozioni può provocare ulteriori problemi come ad esempio nei casi più gravi la depressione clinica o l’idea di suicidio. Quando si reprimono emozioni e sentimenti si rischia di compromettere ogni passione per la vita. Sintomi tipici della depressione sono:
- stato depressivo per la maggior parte della giornata
- diminuzione delle manifestazioni di piacere e interesse
- cambiamento significativo del peso corporeo
- disturbi del sonno, insonnia
- senso di fatica costante
- pensieri di morte e di suicidio
- emozioni e pensieri negativi verso se stessi, verso gli altri, verso il futuro, la vita.

  • Quando la sensazione di stordimento e di tutti i sintomi psico-fisici negativi continuano per un periodo troppo lungo o più lungo del normale.

  • Quando la nostalgia per la persona amata che non c’è più viene trasferita inconsapevolmente su qualcosa o qualcuno che può diventare oggetto di ossessione. Ad esempio il continuo desiderio di qualcosa di nuovo. Ovviamente non esiste nulla che possa risultare davvero soddisfacente. Può capitare che si cada nella trappola dell’alcol o della droga, per affogare il proprio dolore e le proprie emozioni negative.

In questi casi si deve assolutamente affrontare la situazione con estrema urgenza e serietà cercando un supporto psicologico.
Attraverso un intervento psicologico c’è l’opportunità di raccontare il proprio dolore, la propria tristezza, la propria angoscia attraverso un linguaggio più ricco e articolato e quindi non solo attraverso la parola ma soprattutto utilizzando la comunicazione NON verbale. Per esprimere ed elaborare le proprie emozioni si utilizzano il disegno, la scrittura, il gioco, tecniche espressive, artistiche, creative e immaginative.
La terapia diventa quindi luogo e spazio di condivisione, supporto, crescita e rinascita.




Dott.ssa Margherita Giordano
Psicologa clinica e dell'età evolutiva.

Ricevo su appuntamento a Milano
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artecorpomente@live.it - 3206397160




COME SUPERARE LA FINE DI UNA RELAZIONE D’AMORE




La fine di una storia d’amore è senza dubbio una tra le esperienze più dolorose e sconvolgenti, paragonabile ad un lutto. La fine di una storia d’amore implica inevitabilmente una PERDITA che a sua volta implica un profondo CAMBIAMENTO personale e relazionale, un cambiamento profondo nella propria vita.
All'interno di una relazione d’ amore ci sono emozioni, storie, storie condivise, progetti e obiettivi comuni, legami familiari allargati, gioie e dolori, routine quotidiane, aspettative e quando una storia d’amore termina tutto questo viene a mancare, all'improvviso. La perdita e il cambiamento sono le condizioni che maggiormente mettono a dura prova l’essere umano. Ecco perché la fine di una relazione d’amore è un evento così difficile da superare ed elaborare.
All'inizio ci si sente fragili, spaventati, disorientati e questo ci rende molto vulnerabili emotivamente.
Come affrontiamo questa esperienza dipende da molti fattori: da quanto eravamo preparati, dalle risorse interne che possediamo, dall'aiuto esterno che potremmo eventualmente ricevere, dalla storia personale. Inoltre un fattore molto importante da non sottovalutare è il tipo di attaccamento che abbiamo instaurato con i nostri genitori durante il nostro percorso di vita. Il tipo di legame genitoriale che abbiamo interiorizzato incide molto sulla ricerca del nostro partner, sulla modalità di instaurare una relazione amorosa e sull’elaborazione di una eventuale perdita. Proprio per questo non tutti siamo vulnerabili allo stesso modo, e non sempre tutti reagiamo ugualmente allo stesso dolore.
In questo mio articolo ti illustrerò alcune linee guida generali per superare ed elaborare il dolore della perdita:

-          Cerca di darti del tempo. La fine di ogni relazione richiede sempre un certo periodo di tempo per elaborare quanto è avvenuto. Perciò non pretendere di risollevarti troppo in fretta. Anche il dolore è terapeutico, nel senso che per superare il dolore è necessario affrontarlo, accettarlo e non evitarlo. E questo richiede tempo. Ciò non significa non provare a distrarsi e fare altro, anzi, ma significa dare il giusto valore al proprio dolore, significa “saper stare” con il proprio dolore. Questo ti permetterà di conoscerti meglio, di capire come reagisci al dolore e come lo gestisci. Solo così sperimenterai meglio te stesso e le tue potenziali risorse.

-          Prenditi cura di te stesso/a. Non dimenticarti che TU sei la persona più importante della tua vita, perciò dai valore e importanza alla persona che sei. Cerca di non trascurarti e non annullarti. Coltiva le tue passioni, i tuoi hobby, le tue amicizie, la tua famiglia, le relazioni sociali.

-      Chiediti cosa hai imparato dalla relazione. Per quanto dolorosa possa essere la fine di una relazione, l’esperienza può essere fonte di profondi insegnamenti ed un prezioso momento di crescita personale. Può essere un'ottima occasione per conoscere maggiormente se stessi, il modo in cui ci relazioniamo e ci "attacchiamo" all'altro. La fine di una relazione può essere un'ooportunità di riflessione, auto-conoscenza, nuove consapevolezze, trasformazione, crescita personale ed emotiva.

-          Non colpevolizzarti. Se una relazione finisce la “colpa” è sempre di entrambi, perciò che tu abbia lasciato o sia stato lasciato poco importa. Col tempo possono insorgere incompatibilità, tensioni, blocchi emotivi e ciò porta man mano a terminare la relazione. Per questo non focalizzarti sulle colpe proprie o altrui, perché il senso di colpa non facilita affatto il processo di guarigione poiché non fa altro che alimentare la rabbia verso l’altro (se siamo stati lasciati) e verso se stessi (se abbiamo lasciato).

-         Non reprimere le tue emozioni. Esprimi appieno le tue Emozioni. Accogli e accetta TUTTE le emozioni che ti pervadono, anche le emozioni più spiacevoli: la paura, la rabbia, la malinconia, la tristezza. Non reprimere e non negare le tue emozioni agli altri e né tanto meno a te stesso/a. Trova il modo di condividere ed esprimere le tue emozioni parlandone con gli altri, con amici, familiari. Non isolarti. Cerca o crea modalità alternative per esprimere le tue emozioni. L’arte e la creatività possono aiutarti e facilitarti nell'esprimere le tue emozioni, perciò risveglia la tua creatività, scrivi, disegna, danza, canta, dipingi…

-          Scrivi un diario. La scrittura consente di rendere più chiari e consapevoli i propri pensieri, di dargli una forma e collocarli in uno spazio; inoltre alleggerisce le tensioni e riordina pensieri ed emozioni. La scrittura può donare sollievo e divenire terapeutica. Anche se il flusso inizialmente può essere confuso e caotico, come i sentimenti che si provano, ti renderai conto che la scrittura ti aiuterà a sentirti e raccontarti in modo diverso. Perciò prendi un quaderno e una penna e racconta, Raccontati!

-          Sii grato alla vita.  Apprezza tutto quello che ti circonda, tutto quello che hai creato e costruito. Sii grato per quello che sei e quello che hai. Dai valore a tutto quello che stava e sta oltre la relazione con il tuo ex:  i tuoi amici, i tuoi familiari, il tuo lavoro, la scuola, l’università.

-          Il chiodo scaccia chiodo non sempre funziona. Spesso ci si aggrappa precocemente ad un’altra persona, alla voglia di intraprendere subito una nuova relazione, forse per paura di rimanere soli, o per sentire meno dolore, utilizzando spesso involontariamente l’altra persona per riempire quel vuoto immenso lasciato dalla relazione passata. Questo tipo di storie possono lenire solo brevemente o apparentemente il dolore, ma un dolore non pienamente elaborato non ti permette di diventare un partner consapevole, rischiando di investire tempo ed energie in una relazione che in realtà non ti appartiene, non ti completa, non ti soddisfa.

-          Preparati a cambiare: la perdita implica inevitabilmente un cambiamento, perciò in qualche modo devi prepararti a cambiare, ad  auto-riprogrammarti. Devi riprogrammare te stesso e tutta la tua vita. La tua vita cambierà. Lo sforzo maggiore è proprio quello di cambiare la tua prospettiva di vita, il tuo modo di guardare te stesso e la tua vita.

-          Se serve, chiedi aiuto e Supporto Psicologico. La rete di amicizie, gli affetti più significativi sono una risorsa molto importante per parlare della tua storia, per confrontarti e avere una visione più ampia della tua situazione. In alcuni casi può servire un aiuto più strutturato e professionale per:

·       elaborare e gestire il DOLORE della perdita e dell’abbandono
·       comprendere meglio quello che è successo, da un altro punto di vista
·       esprimere pienamente le tue EMOZIONI, senza giudizio
·       capire come ti relazioni all'altro, se in maniera disfunzionale e perché
·       individuare e valorizzare le tue RISORSE interne
·       accrescere la tua AUTOSTIMA, soprattutto se si è stati lasciati
·       elaborare l’eventuale sensazione di fallimento
·       per RICOMINCIARE.



Dott.ssa Margherita Giordano
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COSA SUCCEDE SE NON ESPRIMI LE TUE EMOZIONI?



Come diceva Freud: “Le emozioni inespresse non moriranno mai. Sono sepolte vive e, se non le esprimi, usciranno più avanti in modo peggiore”.

Reprimere o negare le proprie emozioni può portare a ulteriori problemi psicologici come una bassa autostima, ansia, depressione, isolamento oppure a disturbi psicosomatici quali mal di testa, tensione muscolare, problemi gastrointestinali, dermatologici. Inoltre le emozioni sono fondamentali per creare e costruire relazioni interpersonali, perciò esprimere le proprie emozioni è fondamentale non solo per il benessere psico-fisico, ma anche per migliorare il rapporto con se stessi e con l’altro.

Spesso abbiamo paura di esprimere le nostre emozioni perché purtroppo molte volte si associa l’emotività ad una forma di debolezza. E la debolezza ci rende inferiori agli occhi degli altri. Ma in reltà non è così! Solo quando imparerai ad esprimere le tue debolezze, potrai ritenerti davvero forte. Solo allora, quando non avrai paura di mostrarti debole che sarai davvero coraggioso. È questo il vero coraggio. Il coraggio di mostrare realmente te stesso, con le tue crepe , le tue paure, le tue insicurezze.

Avete mai osservato attentamente un bambino quando è arrabbiato? Il bambino piange disperatamente, grida, sbatte i piedi, agita le mani, si dimena in ogni dove, la sua rabbia è visibile in ogni parte del suo corpo. Ecco, dovremmo imparare proprio dai bambini. Loro sono davvero bravi e autentici ad esprimere le loro emozioni. Non hanno paura di esprimerle. Anche quando sono felici, tutto il loro corpo è felice, sono pieni di luce.
Man mano che diventiamo grandi, per vari motivi (familiari, educativi, ambientali..) perdiamo questa meravigliosa capacità di esprimere le nostre emozioni, iniziamo a reprimerle, perdiamo la dimensione corporea e questo crea dei blocchi emotivi che condizionano la nostra emotività, il rapporto con noi stessi e con l'altro. Ritrovare il bambino interiore è essenziale per la nostra crescita emotiva, per il nostro benessere psicologico e per ritrovare pienamente noi stessi.

Proprio per questo, impara ad esprimere le tue emozioni, liberamente.
Ascolta le tue emozioni. Accoglile. Accettale. Esprimile.
Non reprimerle. Non negarle. 
Sii un pò bambino. Ridi, gioca.
Ricerca il tuo bambino interiore per imparare a rivivere liberamente il tuo istinto e le tue emozioni.

Per fare questo è fondamentale recuperare innanzitutto la dimensione corporea e ludica, componenti che appartengono al nostro bambino interiore. Gli impulsi e le emozioni non possiamo che ritrovarle e ricercarle nel nostro CORPO. Solo così possiamo riacquistare un’integrazione più armonica mente-corpo, quella dimensione necessaria per il nostro benessere psico-fisico.
Questo processo di integrazione tende ad affievolirsi nella vita adulta, poichè da adulti perdiamo principalmente il contatto con la nostra dimensione corporea privilegiando il canale comunicativo della ragione, del pensiero, della razionalità.
Attraverso il GIOCO e la CREATIVITA’ è possibile ricreare e ritrovare il rapporto armonico tra il corpo e la mente, riappropriandosi soprattutto di quella dimensione corporea che caratterizza il nostro essere stati bambini. La creatività ci rende vitali, unici e autentici, poichè l'atto creativo ci permette di lasciare la nostra impronta nel mondo.
“È nel giocare e soltanto mentre gioca che l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell'interpersonalità, ed è solo nell'essere creativo che l’individuo scopre il sé.” (Donald Winnicott).

Infine è bene sapere che non esistono emozioni sbagliate o negative, ma esistono emozioni piacevoli o spiacevoli. Proprio per questo ogni emozione ha bisogno di essere riconosciuta, espressa, compresa, condivisa. Solamente così riusciamo a raggiungere il nostro benessere, il nostro equilibrio emotivo, la nostra crescita personale e interpersonale.
E proprio per questo è importante un'educazione emotiva e affettiva fin dalla tenera età, dove svolgono un ruolo molto importante la famiglia, i genitori e le istituzioni scolastiche. I bambini hanno la capacità innata di esprimere liberamente emozioni, sensazioni e sentimenti e spesso è proprio l'adulto, il genitore o il contesto socio-culturale a distruggere questa loro attitudine, provocando quel circolo vizioso in cui le emozioni inibite, represse e inespresse si ripercuotono negativamente nel loro processo di crescita emotivo, affettivo, relazionale e cognitivo. Perciò riappropriamoci del nostro ESSERE BAMBINO, quel bambino aperto al mondo, all'esplorazione, alla ricerca ingenua e senza giudizio e  impariamo ad esprimere la rabbia, ad accogliere la tristezza, a comprendere la paura...IMPARIAMO A VIVERE LE NOSTRE EMOZIONI, ovvero impariamo ad ABITARLE e SENTIRLE per imparare a raggiungere la gioia, il benessere, la felicità.



Dott.ssa Margherita Giordano

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IL DOLORE EMOTIVO NON VA EVITATO MA VA ATTRAVERSATO




"Dai che ce la puoi fare...dai che sei forte...coraggio, forza, non mollare..."
Quante volte avrai sentito dirti queste parole in un momento di difficoltà? E quante volte ti sei sentito quasi a disagio e infastidito da queste frasi di incoraggiamento? Sicuramente tantissime volte!
Molto spesso una persona in difficoltà non ha solamente bisogno di essere incoraggiata, ma ha bisogno soprattutto di essere ASCOLTATA, COMPRESA, CAPITA.
Ha bisogno che l'altro comprenda le sue debolezze e il suo dolore.

Spesso i miei pazienti mi raccontano la loro paura di mostrarsi deboli davanti agli altri.
Ma cosa vuol dire essere deboli? Perché c'è tutta questa grande voglia di ostentare forza e coraggio? Perché bisogna essere sempre e comunque forti? Perché non possiamo soffrire e mostrarci deboli? E perché la debolezza è percepita ancora come una caratteristica così negativa?
Non tutti affrontiamo i problemi e le difficoltà con gli stessi tempi e le stesse modalità. Alcuni riescono più velocemente,  altri meno, alcuni capiscono subito cosa fare, altri devono inciampare un pò più spesso. Ma che male c'è? Siamo semplicemente DIVERSI, e non meglio o peggio dell'altro.
Ci sta sfuggendo di mano la semplicità. Siamo sempre più propensi ad ostentare, ostentare, ostentare, a voler vincere, a voler arrivare, a giudicare e siamo sempre meno abituati a perdere, fallire, cadere, piangere. Non accettiamo le nostre DEBOLEZZE. Perché le nostre debolezze ci rendono nudi. E noi abbiamo paura di mostrarci nudi davanti agli altri perché abbiamo paura di essere giudicati, di rimanere indietro, di non stare al passo. Eppure, come sarebbe bello se tutti fossimo semplicemente semplici. È la semplicità che ci rende davvero umani. Forti e deboli, spaventati e coraggiosi, calmi e arrabbiati, felici e tristi. E accorgersi che la frase "le tue debolezze sono la tua forza" è una grande verità. 
Qui, in questa vita, in questa società del possesso, del successo, della velocità, ci sentiamo spesso inadeguati, incompleti, sbagliati. Pretendiamo troppo da noi stessi trascurando i nostri reali bisogni. Qui, in questa vita stiamo diventando narcisi e indifesi allo stesso tempo. Ostentiamo a volte quello che non siamo, quello che non abbiamo e subiamo le sconfitte, che poi sconfitte non sono. Ci facciamo del male da soli insomma. Perciò cresciamo con la convinzione che chi ce la fa è forte e chi non ce la fa è debole. Chi ride è forte, chi piange è un debole. Che la debolezza è un limite.
Questo ci allontana. Questo allontana le persone. La semplicità invece ci renderebbe più simili, quindi più vicini, più empatici, più UMANI. Perché ogni uomo saprebbe mettersi nei panni dell'altro. In fondo siamo tutti esseri umani...sbagliati, imperfetti, deboli, stanchi, ansiosi, arrabbiati, spaventati, scoraggiati, fragili.
Perciò colui che ostenta positività, serenità e in realtà non lo è,  sta nuocendo semplicemente se stesso, la sua anima. Non è autentico perché mente a se stesso. Soffre perché non esprime pienamente se stesso, nascondendo le sue emozioni spiacevoli e mascherandole con emozioni apparentemente positive. Sta quindi negando ed evitando le sue emozioni. Proprio questa tendenza ad evitare le nostre emozioni più spiacevoli, spesso ci porta ad evitare anche il nostro dolore, ma non c’è nulla di così sbagliato e nocivo, proprio perché..

Il DOLORE EMOTIVO non va assolutamente evitato.
Il dolore ha bisogno di essere ACCOLTO, SENTITO, VISSUTO.
Il dolore va ATTRAVERSATO, perché solo attraversandolo può essere superato.

Questo è quello che insegno ai miei pazienti..Insegno ad ascoltare il proprio dolore, ad attraversarlo, a superarlo e poi a ri-nascere.
Solamente stando con il dolore possiamo comprenderlo e solamente comprendendo il dolore possiamo realmente conoscere le nostre grandi risorse per affrontarlo.
Solamente accettando le nostre debolezze possiamo realmente cambiare.
Solamente ascoltando il dolore possiamo capire cosa davvero ci rende così vulnerabili e perché.
Questo è il vero coraggio, il coraggio di mostrarsi pienamente imperfetti, unici, autentici, di mostrare ed esprimere pienamente se stessi, anche il proprio dolore.
Solamente così puoi diventare sempre più forte e solamente così sarai pronto ad affrontare le altre cadute, che inevitabilmente ci capitano nella vita.



dott.ssa Margherita Giordano
Psicologa clinica e dell'età evolutiva.
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